Articolo su “Oggi” del marzo 2005: “I sorprendenti risultati di un ginecologo che ha aiutato 150 coppie”
Quest’esercito di bambini l’ho fatto nascere… di sana pianta
Un vegetale che arriva dalle cime del Perù. Altri che giungono dall’Amazonia. E’ questa la singolare ricetta del professor Giovanni Menaldo, medico torinese, “papà” di un trattamento “verde” contro l’infertilità. E che assicura: “Il mio metodo è scienza non magia”
di Maurizio Caravella
Torino, marzo
Una parete, nel suo Centro medico, è quasi interamente ricoperta da splendide fotografie di bambini.
“Mi sento … il loro secondo papà “, dice con visibile orgoglio il professor Giovanni Menaldo. Lui è specialista di ostetricia e ginecologia a Torino. Ed è l’ideatore di una tecnica innovativa, che ha appagato innumerevoli coppie alla ricerca dell’agognato bebè.
Un mago? Una specie di stregone? Diciamocelo: un novello Di Bella? Vien da chiederselo, se si va vedere qual è il suo asso nella manica: la maca o Lepidium Meyeneii, una pianta che cresce nelle Ande a quattromila metri di altitudine. Una pianta utilizzata da secoli, nella medicina tradizionale peruviana, per incrementare la fertilità nell’uomo e nella donna. E che nelle mano di Menaldo è diventata una moderna arma per regalare fecondità. Come dire: non prendete sottogamba le conoscenze antiche e le risorse della medicina naturale. Ma vediamo di saperne di più.
“Ho scoperto, nelle mie ricerche, che alcune piante hanno proprietà straordinarie”, riferisce il professor Menaldo. “La principale è per l’appunto la Maca: è chiamata pianta della vita”, per la sua capacità di aumentare la fertilità negli animali e pure nell’uomo. Gli Incas la consideravano un dono degli dei, anche per i suoi effetti afrodisiaci, e la usavano addirittura per i pagamenti, come confermano antichi registri coloniali spagnoli ritrovati tempo fa”.
Dal folklore e dalla storia alla scienza: una decina di anni fa, Menaldo ha ripresso una serie di ricerche dell’Università di Lima condotte sui roditori già negli anni Sessanta. E i personali studi, svolti sotto l’egida dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, sono giunti alla conclusione che le sostanze presenti in questa pianta peruviana agiscono sull’ipotalamo, una cruciale regione del cervello che controlla la produzione di molti ormoni. “L’estratto di Maca, sotto forma di capsule, s’è dimostrato in grado di rinforzare nell’aspirante papà i suoi “asfittici ” spermatozoi e d’aumentare notevolmente il potere fecondante. La pianta peruviana può cioè migliorare la fertilità nell’uomo agendo sulla maturazione degli spermatozoi, aumentare il numero e migliorandone la motilità, cioè la capacità di raggiungere l’uovo da fecondare.
La Maca risulta utile anche nell’organismo femminile, perché stimola i follicoli a produrre ovociti maturi”.
Ma non è soltanto una questione di “stimolazioni vegetali”. O meglio, il ricorso alle capsule di Maca è soltanto l’inizio: il professor Menaldo completa poi l’opera con l’inseminazione artificiale intratubarica. “Gli spermatozoi più energici vengono prelevati e introdotti direttamente nelle tube uterine, dove ha poi luogo l’incontro con gli ovociti”. Con le sue capsule ” polarizzate” (come si dice tecnicamente ), nel 2001 Menaldo ha condotto una serie di sperimentazioni su due gruppi di 63 coppie, che non riuscivano ad avere bambini.” Nel gruppo trattato con le procedure tradizionali è stato possibile ottenere un tasso di gravidanze del 20 per cento; nell’altro gruppo, sottoposto sia all’azione degli estratti di Maca sia alla pratica dell’inseminazione intartubarica, si è arrivati a toccare quasi il 60 per cento “. Risultati, ci tiene a sottolineare il ginecologo , diffusi e presentati quattro anni fa a Parigi in occasione del secondo congresso mondiale di ginecologia e infertilità.
Ma non è finita. Menaldo (direttore del Centro di procreazione assistita” San Carlo” di Torino e docente di Tecnologie biomediche all’Università di Milano) ha studiato anche le proprietà di tre piante amazzoniche (che a Lima venivano già impiegate per aiutare le coppie infertili). Sono la Huanarpo macho, il Dracontium loretense e il camu camu. E che cosa si è visto? ” Che la Huanarpo macho è capace di facilitare il successo dell’impianto degli embrioni (dopo il loro trasferimento nella cavità uterina), perché aumenta il flusso di sangue nella parete dell’utero; il Dracontium lorentese contiene dosi notevoli di vitamina E e quantitativi ottimali di zinco e calcio (che sono minerali importanti ai fini della fertilità); infine”, dice Menaldo, “il camu camu è un potentissimo antiossidante”, utile, insomma, per contrastare i famigerati radicali liberi, le molecole impazzite che tanti danni infliggono alle cellule del nostro corpo.
“Sia ben chiaro: la metodologia che in questi anni ho messo a punto non ha nulla di miracoloso”, rimarca Menaldo.
“Semplicemente, si serve di “farmaci naturali”, sottoposti al vaglio della ricerca scientifica. Sostanze che vengono ben tollerate dalla paziente”. Per la cronaca, le capsule in questione devono essere prese dell’uomo per due mesi e mezzo, mentre dalla donna per dieci – dodici giorni”.
Ma perché questo calo dalla fertilità? “In Italia, quasi il 20 per cento delle coppie, praticamente una su cinque, dopo due o tre anni di matrimonio comincia a chiedersi con una certa inquietudine come mai non arriva ancora un bebè. Nella maggior parte dei casi, il problema dipende dall’uomo: ha gli spermatozoi deboli, o dotati d’una scarsa motilità. Non riescono, per così dire, a centrare l’obiettivo. Oppure son troppo scarsi: la cinquantesima parte del numero che dovrebbero essere. Ma può pure darsi che l’assenza di una gravidanza dipenda dalla donna, il cui organismo non produce ovociti idonei”.
In effetti, è una verità che gli scienziati conoscano da tempo: col trascorrere degli anni si verifica una diminuzione importante della fertilità femminile. Menaldo spiega comunque che l’età dell’aspirante mamma ovviamente conta, ma ” c’è un test specifico che permette di rilevare con assoluta precisione la riserva ovarica di qualsiasi donna, indipendentemente dalla sua carta d’identità. Siamo riusciti a far partorire felicemente una quarantasettenne con gravi problemi di salute. Certo, il successo non è matematico, ma la speranza”, sorride il nostro ginecologo, “è sempre l’ultima a morire”.
Ormai 150, dice Menaldo, sono le coppie che hanno beneficiato del particolare metodo. Un avventura umana: ” Vede le foto di quei 150 bambini? Ricordo le storie dei loro genitori, mi basta guardare uno dei bebè sulla parete e mi torna tutto alla mente, anche se son passati anni: l’angoscia, la paura, poi l’esplosione di giogaia, che è stata anche mia”. Ma anche un’avventura scientifica, quella di Menaldo, che non smette di arricchirsi di nuovi e suggestivi dati.La Maca, infatti, oltre a essere usata nella cura dell’infertilità femminile (poiché rende più efficienti la maturazione dei follicoli, l’ovulazione e la preparazione dell’utero per l’annidarsi dell’embrione), sembra tornare utile anche per combattere vari altri “disagi” del gentil sesso: le irregolarità mestruali, l’assenza del ciclo e i disturbi collegati al climaterio (la fase che precede la menopausa). La Maca, poi, contiene particolare sostanze, chiamate “isotiocianati” conosciute per il loro effetto contro il calo del desiderio (soprattutto maschile, ma anche femminile).
I casi più recenti della ” terapia Menaldo”? I due gemelli di Mara, una signora di Pavia: sembrava proprio impossibile che restasse incinta. E poi un bambino partorito dalla torinese Chiara, già in premenopausa. Anche questi sono “figli” di Menaldo, e, se cosi possiamo dire, delle sue “magiche” piante provenienti dalle vette del Perù e dall’Amazzonia. Il ginecologo torinese ha tagliato il traguardo dei 150 casi d’infertilità risolti, ma è deciso ad andare avanti.
Con la forza soprattutto degli studi scientifici sulle piante da lui impiegate.
Si presentano da lui in due, magari dopo avere percorso migliaia di chilometri, e poi s’accorgono che stanno per diventare tre… E’ vero: il successo, come dicevamo poc’anzi, non è matematico ( e poi non sempre è possibile, nella donna, l’insemionazione intartubarica), perché ciascun paziente, ogni coppia fa storia a sé.
Ma al Centro del professor Menaldo arrivano da mezza Europa e anche da molto più lontano: ha assistito, per esempio, una coppia statunitense e una neozelandese.
” Certe sensazioni ti restano nel cuore per sempre. Per questo , di quei 150 bambini continuerò a sentirmi come un secondo papà”. Il professor Menaldo è sposato con la splendida Nancy, una colombiana di 34 anni che, nel suo Centro, gli fa anche da assistente. E che, per giunta, tra un paio di mesi lo renderà padre per la seconda volta. Il loro primo figlio si chiama Gian Paolo, ha due anni e mezzo e non ha ancora capito bene il lavoro che svolge il papà. Fissa, curioso, quel collage di fotografie sulla parete e poi dice piano: “Come sono belli…Quanto mi piacerebbe che fossero tutti miei fratellini”. Ma in fondo, un po’ lo sono.